Cesano di Roma

Il documentario “Il Borgo storico di Cesano alle porte di Roma”

Il documentario “Il Borgo storico di Cesano alle porte di Roma”

Il documentario “Il Borgo storico di Cesano alle porte di Roma”
settembre 23
15:46 2007

ESCLUSIVA

Testo del documentario a cura della PROF. LUISA GORLANI

Oltre che al canto di un gallo, al raglio di un asino, al nitrito di un puledro, al belato di un agnello, si desta ogni mattina il Centro Storico di Cesano, un piccolo Borgo a nord di Roma, a 22 Km. dal Raccordo Anulare, alla sinistra della Cassia, all’estrema periferia del XX Municipio, nel cuore dell’Agro Romano. Nonostante il prevalere, o forse proprio per il permanere della sua vocazione di fondo contadina, il Borgo è divenuto recentemente rifugio di vari artisti: pittori, scultori, scrittori, musicisti, che pian piano si vanno sostituendo agli antichi mestieri agricoli e artigianali. L’atmosfera, infatti, di luce e di pace del luogo sembra ispirare una nuova dimensione di creatività e di ricerca di spiritualità.

Il Borgo si innalza su un banco di tufo, a 240 metri sul livello del mare e si articola su quattro piani paralleli, degradanti verso il fondovalle.
Attraverso un restringimento, che delimita probabilmente il tracciato delle antiche mura, si accede a BORGO DI SOPRA, una via chiusa fra due file di case a schiera, allineate lungo l’asse principale, che rispecchiano la tipica struttura medioevale di abitazioni disposte in unità ininterrotte, perché “le case isolate – come dice Mumford – erano eccessivamente esposte agli agenti atmosferici, sprecavano terreno su ogni lato ed erano difficili da riscaldare”.
A sinistra incontriamo la Chiesa di San Nicola, costruita intorno all’anno Mille, in blocchi di tufo ora intonacati, a protezione della porosità tufacea dalla corrosione del tempo e dell’inquinamento, su un lieve pendio, con gradinata d’accesso in sampietrini. La facciata presenta un ingresso centrale con arco a tutto sesto a blocchi marmorei e concentrici, due finestrelle laterali e una ottagonale sull’asse centrale della costruzione. Le due lesene ai lati della facciata sorreggono un’ architrave con una copertura a capanna. Al centro del timpano si apre una finestrella circolare, che doveva rispecchiare lo schema del rosone romanico. Il piccolo campanile, con un’unica campana, riprende l’andamento a capanna del tetto. La parte posteriore presenta un’abside circolare a tufi concentrici anch’essi intonacati. L’interno è a navata centrale chiusa dall’abside e presenta un soffitto ligneo a capriata. La parete sinistra della navata è decorata da affreschi, che rappresentano una teoria di Santi e di Madonne, tutti racchiusi in cornici dipinte a forma quadrangolare. A partire da sinistra, dopo le prime due Madonne con bambino, seguono le immagini di Sant’Antonio Abate, San Paolo eremita, San Nicola di Bari, il Salvatore benedicente, la Madonna della Consolazione col bambino che regge il globo terrestre in mano, San Nicola vescovo benedicente e il martirio di San Sebastiano. Nell’abside si ammira uno splendido trittico con San Giovanni Battista nel riquadro di sinistra, al centro la Madonna col bambino sulle ginocchia, di grande intensità e raccoglimento espressivo, con due Angeli di particolare grazia e leggerezza ai lati, e l’immagine di San Nicola nel riquadro di destra. Nel centro del catino absidale si staglia il Cristo in gloria benedicente, in una nicchia ovoidale cuspidata, attorniato da schiere di cherubini e musici. Gli affreschi risalgono all’anno 1490, durante la signoria degli Orsini, grazie al mecenatismo di Papa Sisto IV e Innocenzo VIII, e sono attribuiti alla scuola viterbese di Antoniazzo Romano. Sull’altare maggiore addossata al muro absidale è collocata la statua in stucco policromo di San Nicola. Nella parete di destra sono visibili due arcate cieche con affreschi nei sott’archi e con colonnina marmorea al centro, da cui si accedeva probabilmente in origine ad un’ala laterale della Chiesa, o ad un Chiostro interno, ed in seguito alla Sagrestia e alla Canonica. Sopra l’uscita si trova un’iscrizione marmorea, che attesta che la chiesa di San Nicola fu restaurata nel 1686 dalla Comunità di Cesano. Qui si tenevano i concerti di “Borgo-Musica”, che si spera tornino a vivere.
Fuori dalla chiesa si incontra il Monumento ai Caduti attorno al quale sono stati piantati sei alberi, quattro lecci e due pini, uno per ogni caduto della prima guerra mondiale.
Di fronte, a destra, si trova una Casa Padronale, a cui si accede da un portale con colonne laterali e un arco sovrastante a tutto sesto in peperino, nel cui centro domina uno stemma col giglio di Firenze, simbolo dei Medici, il che testimonia gli antichi contatti con la famiglia medicea da parte degli Orsini, che dominarono Cesano nel periodo rinascimentale. Lo stesso giglio si ripete sotto al cornicione, lungo tutto il perimetro frontale del palazzetto. Accanto all’ingresso principale, un altro ingresso con volta a botte (forse utilizzato nell’’800 per il passaggio delle carrozze), sovrastato da un altro stemma gentilizio, con leone rampante ed una stella, distintivo dei Chigi, che pure occuparono a lungo la casa. Al pianterreno, l’ingresso con volta a crociera conduce ad una caratteristica cucina con un camino sovrastato da una grande cappa con cornice di legno, e con soffitto a vista in travi lignee. Al piano superiore da un’altra cucina, si accede ad un salone di rappresentanza con soffitto a cassettoni in legno e con un camino centrale, sul quale campeggia un affresco raffigurante la Madonna del Rosario col bambino e con un balconcino sovrastato da leone rampante appoggiato su tre monti, segno araldico dei Chigi. Accanto si aprono una saletta da pranzo; una sala da musica e una piccola Cappella privata con altare marmoreo, con volta ribassata a botte e affreschi parietali e all’ultimo piano si innalza una torre vedetta, da cui si gode una straordinaria vista panoramica del Borgo. La Casa, costruita su un reticolo di cunicoli sotterranei etruschi, fu all’origine probabilmente una “Villa Rustica” di Cesare Augusto, la cui gestione era affidata ad un “villicus” e a schiavi contadini, che formavano la “familia rustica”, e allevavano bestiame, coltivavano il grano, lo macinavano, producevano olio e vino, in totale autosufficienza. Nello spazio esterno e sotterraneo della casa, infatti, sono presenti tutti gli elementi di sussistenza autonoma di un tempo: la scuderia, con un piccolo maneggio, che forse era una Posta per cavalli, il frantoio con giare e fiscoli, per pressare le olive, la cisterna per l’acqua, le cantine con botti per il vino, i magazzini con soffitti in travi lignee per la conservazione dei prodotti, e un forno a legna per la cottura del pane. È probabile che nel Medioevo, sulla Villa Rustica sia stata costruita all’interno delle mura feudali una “Domus Culta”, ovvero un’azienda agricola pilota, a statuto autonomo, fra quelle volute da Papa Zaccaria e amministrate da persone di sua fiducia. Tra il ‘400 e il ‘500 appartenne agli Orsini, poi ai Medici, agli Olgiati. Nel ‘600 fu ricostruita e abitata dai baroni Franceschi. Nel ‘700 appartenne ai Chigi, che non potendo gestire personalmente il loro immenso patrimonio, diedero il via all’affittazione. Nella Casa si avvicendarono così vari Mercanti di Campagna: dai Narducci, ai Valdambrini, e infine ai Sili, che, arricchitisi, divennero Marchesi e acquistarono una vasta tenuta da Prima Porta a Formello, fino al lago di Bracciano. Attualmente la casa appartiene dal 1975 all’architetto Leonardo Di Paola.
Uscendo dalla Casa Padronale, si può notare che Borgo di Sopra, che doveva essere la via più aristocratica del Borgo, si snoda tra case medioevali a due piani, molte con edicola votiva, a testimonianza della religiosità del Borgo in epoca medioevale e con lucernario sull’architrave del portale d’ingresso. Durante il Rinascimento, col prevalere della borghesia mercantile, sono stati ricostruiti sulle abitazioni precedenti, palazzetti gentilizi, fra cui spicca la Casa con protiro, una costruzione signorile, con un portale seicentesco a tutto sesto, valorizzato da una coppia di colonne slanciate con capitello classicheggiante. La colonna di sinistra presenta una grave erosione alla base, che conferma l’urgenza del recupero del Borgo. Il protiro sorregge un balcone in ferro battuto con voltine sostenute da putrelle in ferro, su cui si affaccia il piano superiore, riservato ad abitazione privata.
All’interno si trovava un tempo un’osteria, dove era possibile noleggiare un calesse trainato da un cavallo, per farsi accompagnare dal Borgo alla Stazione.
Accanto alla Casa con protiro, è la sede amministrativa dell’Università Agraria, con lo stemma raffigurante l’effigie di Giulio Cesare, la stessa del sigillo municipale di Cesano, nel periodo in cui pare sia stato Comune, tra il 1280 e il 1300. Al piano terra il palazzo ospita l’ex sede dei Combattenti e dei Reduci, che contiene reperti storici e ricordi di strutture e strumenti d’un tempo, come un fienile, una trebbiatrice e una caldara.
Il Casale vero e proprio dell’Università Agraria si trova in Via della Fontana Secca. E’ ora preposto ad attività ricreative, ed è sede dell’Associazione Artistico-Culturale TB Arte, che fornisce lezioni di pittura, scultura, grafica, ceramica e così via. L’edificio, con un corpo centrale e due ali laterali, che racchiudono un grande cortile interno, si articola su due piani: il piano superiore, dove un tempo dormivano i guardiani, e il piano inferiore, dove si trovava la stalla, con mucche, cavalli e soprattutto un toro di razza pura, che costituiva l’elemento d’importanza dell’Università. Oggi l’Università Agraria, amministra circa 70 ettari del Bosco di Baccano, comprendente anche il Parco del rogo considerato patrimonio naturalistico nazionale, e gestisce l’uliveto a sud del casale.
Nel 1979, infatti, per valorizzare l’indirizzo colturale dell’ulivo, veniva installato un frantoio, ora trasferito in Via Colle Febbraro, il cui nome pare riconducibile ai “Februalia”, feste funebri della purificazione in onore di Februus, divinità etrusca degli Inferi, che i Romani celebravano in Febbraio, offrendo sacrifici in espiazione delle anime dei defunti. Il giovane architetto Alessandro Pioli è l’attuale Presidente dell’Università Agraria, succeduto, nell’incarico, al padre Alfiero.
Tornando a Borgo di Sopra, e passando davanti al negozio di Otello ex giornalaio e ex barbiere del Borgo, si sbuca in PIAZZA CARAFFA, intitolata a Francesco Caraffa, presidente del Comitato permanente pro-Cesano, che nel 1923 ottenne la separazione da Campagnano e l’annessione al Comune di Roma. Sul retro di un’antica casa, con balconcino centrale e contrafforti laterali, zampilla una fontanella in bronzo, circondata da paracarri marmorei. La collocazione della Piazza nel punto il più alto dello sperone tufaceo, su cui il Borgo è arroccato, le fondamenta in blocchi di tufo rinvenuti a quattro metri di profondità sotto la Piazza, la rete di cunicoli sotterranei, testimoniano l’origine etrusca del Borgo. Sulla Piazza si affacciano l’ex Mattatoio, un Deposito Attrezzi, un Negozio di Alimentari (ex mulino), il Palazzo delle Poste, nei cui cunicoli sotterranei c’erano le carceri, gli antichi “ergastula” romani, la Casa Soldani, il Castello, l’Oratorio di San Giovanni Bosco, le Case di Don Morotti e la Chiesa di San Giovanni Battista.
Il Palazzo degli eredi Soldani, non è improbabile che nell’antichità fosse un Castello Longobardo, vista la vicinanza del muro di una torre longobarda, ad esso annessa. Il palazzo signorile è stato ricostruito nei primi del ’900 su un Casale precedente nei terreni del Principe Chigi. La struttura è a tre piani con prospetto simmetrico, un portone con colonne laterali all’ingresso; finestre dal frontone a sesto ribassato o a timpano, un balcone centrale al piano rialzato e all’ultimo piano, con ringhiere in stile Liberty, anche attorno al terrazzo superiore.
Il Castello sorge, imponente, su una triplice stratificazione: quella primaria presumibile del tempio dell’acropoli di un’antica città etrusca, utilizzata in seguito, in epoca romana, probabilmente come residenza estiva imperiale nella “Villa Rustica”; quella secondaria della rocca di un Castello Medioevale con relative mura, e quella attuale dell’ex “Opera Pia Don Morotti”. La struttura è simmetrica, a tre piani, e presenta un portale centrale, con colonne laterali addossate al muro; finestre con architrave classicheggianti. Il cornicione è costituito da una serie di archetti, con funzione di sgocciolatoio, che ritornano come motivo decorativo, nella Torre. L’interno, ora occupato e non visitabile, presenta al piano terra una Sala con soffitto a cassettoni destinata nel Medioevo (secondo la descrizione che lo storico Bonis Cuaz propone della struttura del Castello Feudale) al Corpo di Guardia per il controllo di chi entrava, e invece nei primi del ’900 adibita a Sala Cinema Muto per i bambini dell’Asilo di Don Morotti. A sinistra c’è una Cucina con un acquaio in pietra lavica, usata nel Medioevo da cuochi e servitori del Signore. Al primo piano si trova il Salone principale, con volta a botte in muratura, dove il Feudatario consumava i suoi pasti, riceveva gli ospiti, li intratteneva con giochi e musica, divenuto poi la Sala dell’Asilo di Don Morotti. In un’altra Stanza a sinistra, dove il Signore amministrava la giustizia per i suoi sudditi, fu ricavata nel ‘900 la Scuola di Cucito per Giovinette. Al secondo piano a destra è situata una Cappella con soffitto in putrelle di ferro in arco a mattoncino intonacato, con altare ligneo sulla parete di fondo, dove si svolgevano le funzioni religiose; a sinistra nelle Stanze del Signore, dei suoi familiari e degli ospiti, è stato collocato invece il dormitorio delle Suore del Preziosissimo Sangue, che gestivano l’Asilo e la Scuola di Cucito. Dall’alto della Torre, al centro del terrazzo superiore, le guardie feudali controllavano il territorio circostante ed oggi si gode di un panorama spettacolare. Il Castello, costruito, dunque, nell’anno Mille, su precedenti fondamenta, come parte integrante del “Castrum” di Cesano, cittadella fortificata sulla sommità di un colle, divenne preziosa vedetta della grande Massa veientana-campagnanense, quando alla fine del Medioevo, Cesano fu incorporato nel territorio di Campagnano, Feudo degli Annibaldi. Posseduto poi dagli Anguillara Capranica di Sutri e dal Monastero di San Saba, divenne nel 1427 proprietà degli Orsini fino al 1662 e in seguito dei Chigi. La costruzione fu riedificata alla fine del ’800 e terminata nel 1908, per interessamento del parroco di allora Don Morotti, alla cui morte nel 1926, fu istituita in suo onore l’”Opera Pia Don Morotti”, che continuava l’attività assistenziale da lui avviata. Si spera che il Castello, ridiventi luogo-guida di riferimento e centro di incontri e scambi culturali.
Sulla Piazza Caraffa, che costituiva il centro dell’economia curtense del sistema feudale, accanto al Castello sorge la Chiesa, i due edifici istituzionali, espressione dei due massimi poteri: quello politico e quello religioso.
La Chiesa di San Giovanni Battista ha una storia antica: fu integralmente ricostruita nel 1650, sul suolo di un’altra più antica Cappella, con cripta, sorta attorno all’anno Mille, quella del Santissimo Salvatore, dove si trovava un altare marmoreo con l’attuale Crocifisso. La facciata è appena stata restaurata: il prospetto simmetrico, recentemente restaurato, è scandito da due coppie di lesene, che richiamano la struttura di un tempio, ed un’entrata centrale, rettangolare. La copertura a timpano conferma l’impostazione neo-classica dell’edificio. Le due ali laterali dal profilo superiore curvilineo e la finestra centrale ad edicola, con cornice baroccheggiante e con elemento decorativo sovrastante, testimoniano le origini seicentesche. L’interno, ad un’unica navata, con cappelle votive ai lati e altare centrale con una piccola abside a fondale squadrato, ad arco a tutto sesto, incastonato in un’edicola marmorea, con lunetta sovrastante affrescata, rappresentante il Dio creatore, con il globo terrestre in mano, circondato da teste di Angeli. Sul fondo della parete absidale dell’arco trionfale, si trova una tela raffigurante la Natività di San Giovanni Battista, attribuita a Sebastiano Conca, eminente personalità settecentesca. Nella prima cappella a sinistra c’è il dipinto della Predicazione di San Giovanni Battista di fine ‘800. Segue nella cappella centrale un pregevole millenario Crocefisso ligneo, in onore del quale fu istituita fin dal 1508 la caratteristica Festa del SS. Crocifisso. L’ultima cappella a sinistra presenta, fra due colonne a tortiglione, una tela raffigurante Papa Gregorio VII, che intercede per la salvezza delle anime del Purgatorio e, nel medaglione ovoidale sovrastante, la Resurrezione di Cristo da un sepolcro scoperchiato contenente un cadavere, a simboleggiare la vittoria della vita sulla morte. Ai piedi dell’edicola, un Fonte Battesimale del XVIII secolo in marmo bianco di Carrara, su un basamento in marmo policromo, ai lati dello stesso si trovano tre lapidi, due delle quali celano le spoglie di due membri della famiglia Narducci. Dietro l’altare centrale pare si aprisse un tempo un accesso al contrafforte, chiamato “Scivolone”, da cui, secondo leggende popolari, venivano precipitati nell’antichità i cadaveri nel sottostante vallone. Sul lato destro dell’altare maggiore, dopo la porta della Sagrestia, c’è, sopra un altare ligneo del 1910, la statua della Madonna del Rosario, a cui pure è dedicata una festa tradizionale del paese. Nell’ ultima cappella a destra c’è la statua di Sant’Antonio Abate, in onore del quale ogni anno il 17 gennaio, si svolge la benedizione degli animali. L’archivio storico parrocchiale contenente preziosi documenti anche manoscritti dal ‘500 in poi è stato riordinato recentemente dal sig. Ezio Iacobelli.
Uscendo dalla Chiesa, si incontra la sede della Confraternita del SS. Crocifisso e del S. Rosario, preposta all’organizzazione delle feste tradizionali del paese, e presieduta da Giancarlo Soccorsi. Una volta, dal Medioevo in poi, esistevano pure la Confraternita del SS. Sacramento e la Confraternita della Buona Morte, che provvedeva alla sepoltura dei defunti nelle campagne lasciati insepolti. Organizza e partecipa alla festa principale e processione dell SS. Crocefisso. Mentre quella per la Madonna del Rosario si svolge il 6 ottobre. Partecipa alla veglia del S. Sepolcro nella processione della Via Crucis del Venerdì Santo.
Riprendendo il nostro itinerario, a sinistra della Chiesa di San Giovanni si passa davanti allo studio in angolo del pittore Aurelio Sciplini. Si imbocca, quindi, VIA MESOPANE, tra le più antiche del Borgo, una delle 15 colonie della Massa Cesarea, ereditata dalla Chiesa, dopo la caduta dell’Impero Romano, così chiamata perché un tempo i fornai vi distribuivano il pane, in ricordo dell’antica tradizione romana, al tempo di Augusto, di offrire il pane al popolo, in onore di Cerere, dea dell’agricoltura e dei cereali. Vi si notano avanzi di fortificazioni a tufetti del XIII sec., con feritoie e finestrine a cornici marmoree.
Si scende quindi in BORGO DI SOTTO, dove si ammira sul retro della Sagrestia un bellissimo cippo angolare marmoreo di età giulio-claudia, con un’iscrizione funeraria, che potrebbe essere così tradotta: “Sacro agli Dei Mani di Regilliano, servo di (Tiberio o Nerone) Claudio Cesare Augusto, Iulia Procula fece (questa tomba) per il suo convivente”, L’iscrizione, collocabile tra il 41 e il 68 d. C., tra il principato di Tiberio e quello di Nerone, potrebbe quindi essere dedicata ad un certo Regilliano, forse un servo imperiale, che godeva di un certo prestigio, addetto alla Villa Rustica dell’imperatore. Sotto l’iscrizione spiccano in rilievo due putti con festone di fiori e frutta, quasi in omaggio al defunto, e ad angolo, e in un altro riquadro, circondato da fregi floreali, è scolpito uno stupendo albero con aironi e uccelli vari tra i rami. Nella parete in alto sopra il cippo si trova un bassorilievo con putti alati, che giocano alla ruota. Ad angolo alla stessa altezza c’era un bellissimo altorilievo con Amorini alle Corse nel Circo, trafugato e divelto da ignoti vandali in una notte di tempesta nel 1995, è stato sostituito da un altro tardo-rinascimentale con scene di caccia, offerto dall’architetto Di Paola.
Ad angolo con Via della Chiesa si incontra la Casa-Scuola, recentemente restaurata grazie all’interessamento di Pino Cangemi, Consigliere Provinciale. Un grande edificio a due piani appartenuto ai Chigi e abitato probabilmente dai Narducci, la cui N iniziale appare nella raggiera in ferro battuto, sul portoncino con architrave ad arco in pietra lavica, sormontata da un’edicola votiva, con stemma gentilizio, ora indecifrabile. L’abitazione fu adibita a Scuola, dopo che la legge Casati nel 1859, aveva previsto, contro l’analfabetismo dilagante, una scuola di cinque classi, con 3 classi elementari obbligatorie. Quando, però, nel 1929 fu costruita la Scuola Elementare Rurale, per i bambini di campagna riuniti in pluriclassi, all’ingresso del Borgo di Sopra, la Casa-Scuola di Borgo di Sotto fu liberata dalle funzioni scolastiche, per essere adibita ad abitazione privata.
L’attuale Scuola, divenuta la Scuola Media Statale “Perriello”, restaurata, è il quarto edificio turrito del Borgo, dopo il Castello, la Casa Soldani e la Casa Padronale Sorge sulla precedente settecentesca Residenza Padronale dei Marchesi Valdambrini, con vasta tenuta, e si colloca in un ampio spazio esterno, utilizzato nella prima metà del ‘900 per le esercitazioni a carattere sperimentale. Si presenta come un palazzo, articolato in vari corpi, a tre piani, con il seminterrato adibito un tempo a servizi ed accessori, quali cucine, refettori ecc., e l’ultimo piano con quattro piccoli appartamenti destinati alle maestre del Borgo, data la difficoltà di raggiungere la Scuola, distante dalla Stazione Ferroviaria 5 chilometri, da percorrere a piedi, per una strada di pietrisco, tra sentieri di campagna ostacolati da mucche, asini, cavalli e tori. In questa Scuola ha insegnato nel 1988/89 la Prof. Luisa Gorlani, autrice del libro sul “Borgo Storico di Cesano alle porte di Roma”, il primo, il più ampio studio sul luogo, pietra miliare da cui partire per la conoscenza e la presa di coscienza del valore del Borgo, premiato con la Medaglia d’Argento del Presidente della Repubblica, dalla preziosa monografia, la professoressa Gorlani ha avuto l’idea anche di trarre il presente documentario per sensibilizzare abitanti e istituzioni al recupero ed alla valorizzazione del Borgo.
Tornando in Borgo di Sotto, accanto all’antica Casa-Scuola, sorgeva un’altra casa, la più alta del paese, crollata per uno smottamento nel 1997, probabilmente la Casa del “Guarda-Casale”, che nella metà del ‘700, dall’alto controllava il lavoro nei campi e tutto il territorio circostante.
Procedendo, si passa davanti all’antica Osteria del Grotto, probabilmente collegata con l’osteria della Casa con protiro di Borgo di Sopra; il locale, con soffitto in travi lignee e un grande camino, è ora chiuso, ma ci si augura riapra presto, quale unica trattoria del Borgo, e da un vicolo strettissimo fra alte case, si arriva in PIAZZA PADELLA, una piazzetta a forma di padella appunto, col manico costituito da VIA CORTILIANO, intitolata ad un falegname, maestro nell’uso del “cortello”, che vi abitava. Nella piazzetta, accanto ad un’alta casa in tufo, ora intonacata, al cui piano terra si apriva un tempo un forno per la cottura del pane, si innalza una medioevale Casa-Torre, con il tetto ad una sola falda, con portoncino d’ingresso ad arco, con profferio ed un piccolo rosone con mattoni a raggiera sul retro. La casa, che si sviluppa in altezza, doveva simboleggiare la rappresentatività di chi la abitava, probabilmente un “magnate”, tra le famiglie nobiliari o mercantili più ricche e potenti dell’epoca comunale. Da una gradinata in salita si sbocca nuovamente in Borgo di Sopra, mentre da Via Cortiliano ci si ricongiunge, attraverso una scala che scorre sotto una galleria, al piano inferiore di Borgo di Sotto. Passando davanti a cantine con portale ad arco e ad una antica casa rosa con scala esterna e dal parapetto in muratura, si arriva al punto d’innesto, dal quale si snoda la tortuosa VIA DELL’ISOLA. Dal secondo tornante di Via dell’Isola si giunge al piano sottostante della cosiddetta “Valletta”, cioè di VIA CASTANEA CUPA, oscurata un tempo da un grande castagno, poi tagliato, e che nel Medioevo fu, insieme a Via Mesopane e a Via Cortiliano un’altra delle 15 Colonie della Massa Cesarea, con attività agricola. Si arriva così, dopo il terzo tornante di Via dell’Isola, segnato da una classica fontanella romana o “nasone” in VIA DELLA FONTANA MORTA, chiamata la “Piana”, perché costituisce il livello più basso e pianeggiante del Borgo. La strada s’inoltra fra orti e cantine fino ad un grande abbeveratoio e alla zona del Vecchio Cimitero, dove è possibile che nell’antichità vi fosse una Necropoli Etrusca. Non lontano, infatti, spicca una Grotta misteriosa e inquietante, simile ad una tomba etrusca a camera, tipica delle necropoli rupestri, tagliata e scavata nella parete strapiombante di roccia tufacea, con vano rettangolare, diviso in due ambienti, che riproduce l’interno e l’esterno di una casa etrusca, dove pare siano state ritrovate ossa umane, e usata un tempo come riparo per attrezzi agricoli e bestiame.
Dopo il ponticello del Rigo, ora non più visibile, perché ricoperto da erbacce, la via prosegue per VIA DELLA MERLUZZA, che conduce all’omonimo Castello sulla Cassia, dove era di buon auspicio, secondo un sonetto del Belli, una merla che cantava tra i merli. Il Castello della Merluzza, visto il ricorrere dell’insegna araldica con i tre monti e una torre con una merla, con alcune varianti, come le stelle o il leone rampante, fu verosimilmente una delle tante proprietà dei Chigi, che potrebbero averlo ricostruito o restaurato nel ‘600, su una precedente struttura di possibile origine medioevale. Fu poi occupato dai Valdambrini nel ‘700 e dai Sili nell’’800, famiglie di affittuari dei Chigi. Il complesso, oltre che da un corpo centrale con varie sale dai soffitti lignei, pavimenti in cotto, camini antichi sormontati da stemmi, un gioco di scale interne, è costituito anche da una torre merlata, con gli stessi archetti decorativi del Castello di Piazza Caraffa. Ci sono poi cantine, magazzini, porcilaie, scuderie, maneggio, fontane, due antichi pozzi, un forno a legna, e soprattutto una stupenda Cappella a pianta circolare, con soffitto a cono allargato, dal cui vertice si diparte una raggiera di travi lignee, coperta all’esterno da un tetto circolare a coppi e tegole. Sul lato destro del viale d’ingresso si trova il Casale vecchio, che probabilmente tra il ‘700 e l’’800 era adibito a Stazione di Posta per i cavalli e a Locanda per i pellegrini. Nel parco spicca infine un altorilievo marmoreo con Amorini intenti alla Vendemmia, che conferma la presenza fin dall’antichità di vigne e di feste dedicate a Bacco.
Tornando indietro, ci si inoltra, ai piedi del Borgo, nel Parco del Rigo, Un’oasi naturale, incontaminata, dov’è possibile incontrare camminando volpi, lepri, faine e ricci, gazze, ghiandaie e upupe, stupende farfalle e un infinita varietà di specie animali e vegetali.
Proseguendo per Via della Fontana Morta, si incrocia poi VIA DELLA FEMMINA MORTA, che deve il suo nome al ritrovamento di una donna morta, gettatasi in un fontanile, ora forse prosciugato e ricoperto da sterpaglie. per disperazione, a causa dell’alcolismo del marito e delle difficoltà di mantenimento dei due figli.
La strada si immette infine in VIA BACCANELLO, che rievoca, data la presenza di vigne nella zona, gli antichi “Baccanalia”, feste celebrate dai Romani in onore di Bacco, dio del vino.
Da Via Baccanello si intravedono in lontananza le arcate degli Acquedotti Alsietino e Traiano-Paolo, che costeggiano la Stazione di Scalo, inglobate nelle mura di cinta della Radio Vaticana. La presenza dunque degli Acquedotti, la rete di Strade rettilinee, a dorso d’asino, come la Cassia, che passa nei pressi del Borgo, le “Mansiones”, cioè le stazioni di posta per il riposo dei viaggiatori e il cambio dei cavalli, ogni 50-60 miglia, come la Mansio ad Vacanas, della Valle del Baccano, rinvenuta poco più a nord di Cesano, l’Iscrizione Funebre del cippo marmoreo sul retro della chiesa parrocchiale, la toponomastica stessa, confermano il dominio dei Romani a Cesano.
Risalendo il percorso, s’imbocca il tratto superiore di VIA DELLA FONTANA SECCA, che deve il suo nome ad una fontana un tempo prosciugatasi per la deviazione della falda acquifera a cui attingeva. La via è costituita da una suggestiva cordonata in selce, con gradoni in travertino, e notevole effetto prospettico tra due file di case di un tempo, con poderosi contrafforti. Interessante la Casa-granaio, chiamata anche la Casa dei Tordi, con larghe rampe d’accesso per gli asini, che un tempo portavano i loro carichi di grano nel “granaro”, al piano superiore e con la stessa “N”, forse del Narducci, sul portone d’ingresso, già incontrata altrove, ora abitata da uno scultore, che produce altorilievi in terracotta. La Casa Gemella, che potremmo chiamare la Casa del Cardinale, anch’essa con robusti contrafforti, reca invece incisa sull’architrave del portale la data del 1744 e le iniziali di F.C., forse quelle di Flavio II Chigi, uno dei membri della famiglia, divenuto poi Cardinale e vissuto appunto tra il 1711 e il 1771, e che, entrato in possesso di alcuni beni della tenuta di Cesano, potrebbe avere avuto la sua casa di Signore accanto a quella dell’affittuario, per reciproca convenienza difensivo-organizzativa. Poco più su, è stata aperta nell’antica cantina di Dante, una Scuola di Yoga, che conferma la ricerca di equilibrio, di interiorità, cui si accennava all’inizio. La Scuola è gestita dalla Maestra di Yoga Lucia Perazzolo. Accanto si apre il PIT Punto Informativo Turistico, gestito da Alberto Molinas. Nell’ultimo tratto superiore di Via della Fontana Secca s’innalza un gruppo di Case ad Insula, riproducenti le “insulae” romane, abitazioni plurifamiliari a fronte ristretta; facciata, con ballatoio prospiciente la strada, sviluppate verticalmente su tre piani, con “coenaculum”, un appartamento per ogni piano, comparse nel IV secolo a. C., per la necessità di alloggiare una popolazione sempre più numerosa. Il livello sociale diminuiva man mano che si salivano le scale. Il ricco abitava a piano terra, o se al pianterreno c’erano le botteghe e i magazzini (tabernae), abitava al primo piano, e il povero viveva sotto i tetti.
Si ritorna così in Borgo di Sotto, che poi continua in VIA DEI MONTI, l’antica strada per Roma, che scendendo fino al Rigo, si congiungeva poi alla Cassia, e attraverso VIA XIII SETTEMBRE, da cui si può ammirare il retro del Castello, ci si ritrova in Piazza Caraffa. Qui si svolge la FESTA PIU’ ANTICA e caratteristica del Borgo, quella del SANTISSIMO CROCEFISSO, dedicata fino dal 1508 al millenario Crocifisso ligneo, conservato nella chiesa di San Giovanni Battista. Ogni anno il 14 settembre sfila un corteo medioevale, rappresentante i Quattro Rioni, in disputa tra loro per la contesa del Palio, consistente in una tavola lignea, con la raffigurazione pittorica del Crocefisso e degli stemmi dei quattro rioni. Il drappello del Rione Borgo cioè del centro medievale a ridosso dell’antico castello, sfoggia costumi in verde e nero; il Rione Gufi, relativo al territorio circostante a Valle Corazza, in nero e rosso; il Rione Fontebacco della zona di Via di Baccanello, in bianco e rosso; e il Rione di San Sebastiano, della zona di Cesano Scalo, in bianco e azzurro. Il vincitore dell’anno precedente, il Duca del Palio, con in mano il palio, apre il corteo, seguito dai drappelli dei Quattro Rioni, ciascuno rappresentato da un alfiere vessillifero, da un cavaliere a cavallo armato di corazza, da un palafreniere, da una dama affiancata dall’alfiere, da paggetti e damigelle, a cui si aggiungono trombettieri e tamburini e sbandieratori. Dopo varie gare come: il tiro alla fune, la gimcana dei cavalli, la corsa a staffetta, la gara dei bigonzi, sfilano nuovamente i drappelli, questa volta con in testa il vincitore dell’anno, a cui è concesso di deporre il proprio stendardo al fianco del Crocefisso ligneo.
Ovviamente la festa è l’occasione per il trionfo della CUCINA LOCALE a base di: -Cappellacci agli spinaci e ricotta; -Coniglio a porchetta, ripieno di finocchietti e guanciale; -Piccioncini ripieni di carne trita ed erbe aromatiche; -Coratella d’abbacchio con carciofi; -Carciofi ripieni con mentuccia e basilico. E un tripudio di dolci: -Tozzetti e Mostaccioli alle mandorle; -Pangiallo con frutta secca in miele e cioccolato; -Cicerchiata: grappoletti di struffoli, con miele e confetti; -Tronchetto del Re o Polpettone del Papa, spalmato di marmellata con cioccolato. La cucina conferma la stretta interdipendenza tra Uomo e Ambiente e andrebbe messa al servizio di un TURISMO alla ricerca di antiche tradizioni, pace agreste, storia ed arte.
Il Frammento del Sarcofago Romano ritrovato tra i resti della chiesa di S. Andrea, sulle pendici del monte di S. Andrea, ora conservato al Museo Nazionale Romano, è, secondo la Prof. Gorlani, l’emblema del Borgo, della sua genesi e del suo destino. Esso raffigura, partendo da destra, Endimione, bellissimo pastore e cacciatore, che rappresenta appunto il Borgo, sdraiato in riposo ai piedi di una roccia, assorbito in uno stato crepuscolare, sognante, che gli conferisce eterna giovinezza; Hypnos, il dio del sonno, coi papaveri e il corno in mano, da qui versa il sonno su Endimione, apporta al Borgo il dolce riposo, che fa dimenticare i dolori e le fatiche e lo induce ai tempi lenti, che lo salvano dalla frenesia metropolitana; Selene, che scende da una biga, per ammirare il pastore dormiente, illumina ogni notte il Borgo, con la sua argentea luce lunare e se ne innamora, come potrebbe innamorarsene il visitatore, mosso e illuminato da interesse e curiosità culturale; la figura distesa di Tellus, la madre Terra, che regge la cornucopia, è la divinità che dà vita al Borgo, facendo scaturire dal suo grembo i campi, le messi, le vigne; la giovane alata Aurora, la dea del mattino dalle rosee dita, trattiene per le briglie i cavalli scalpitanti del carro della luce, giunti insieme a lei ad annunziare il giorno, quasi a voler destare dal suo sonno il Borgo. All’estremità sinistra un vecchio pastore e altri fanciulli pastori, con gregge di pecore e capre tra gli alberi, confermano la pratica della pastorizia, il contatto con la terra, con gli animali, l’impronta agreste, bucolica di Cesano fin dall’antichità e il suo destino di salvezza nella Natura. All’estremità destra invece c’è un satiro che suona la siringa, quasi a simboleggiare l’attitudine antica del Borgo per la Musica e le due ninfe delle sorgenti, con un vaso da cui sgorga l’acqua, l’elemento purificatore e vivificatore, che, insieme alla Natura, salverà il Borgo dalla morte: la Cultura.
 
© Luisa Gorlani Gambino 2007

Il Borgo storico di Cesano alle porte di Roma – documentario

Trascrizione degli interventi:
Alfiero Pioli, ex Presidente dell’Università Agraria di Cesano: Quando portano le olive, vengono scaricate in delle ceste, poi in una botola che le trasporta con un nastro al lavaggio. Dal lavaggio vengono portate sempre con un nastro alla frantumazione, da lì va ad una vasca questa pasta (ndr: che si è creata), poi la pasta si fa scendere, poi ci sta un’altra “lumaca” che spinge questa pasta alla centrifuga. La centrifuga che fa 4.200 giri e lì divide la sansa, cioè l’ossetto, dall’olio e acqua. L’ossetto, il nocciolo dell’oliva, lo separa e lo fa cadere su un nastro che lo porta poi all’esterno. L’olio viene succhiato e portato al separatore. Il separatore, divide a 6.500 giri. Per l’olio c’è un recipiente dove cade e il proprietario con una brocca o un suo recipiente (ndr: lo raccoglie e) se lo porta via. Lì finisce l’opera del frantoio.
Don Luigi Noli, Parroco di Cesano: Tutta la popolazione ed anche le istituzioni hanno collaborato con un buon contributo per restaurare la chiesa all’esterno ed ora speriamo che venga ultimato il lavoro anche interno per poter restituire alla popolazione, al culto ed all’aggregazione di questa realtà del borgo la nostra chiesa che è la Chiesa Parrocchiale di Cesano.
On.le Pino Cangemi, Consigliere della Provincia di Roma:  Parte di Borgo di Sotto è stata recuperata intorno al 2003/04. Ci fu un crollo drammatico nel 1997, quindi una parte consistente del borgo di Cesano crollò creando chiaramente problemi non solo alla comunità ma anche a chi ama questo posto importante. Quindi è iniziata tutta un’operazione di recupero e di rilancio del territorio a partire da questa zona quindi Borgo di Sotto e via delle scalette (ndr: Via della Fontana Secca) e successivamente il recupero di tutto il centro storico, basti pensare alla riapertura della Scuola media Periello (dedicata alla Medaglia d’Oro Michele Perriello), per esempio che era da molti anni chiusa e in uno stato di abbandono e di degrado. Il poliambulatorio dell’ASL, un punto di raccolta importante per Cesano, Osteria Nuova e tante zone limitrofe, la riqualificazione del selciato di tutto il centro storico e grazie a questo entusiasmo nel recuperare il borgo tanti si sono messi a disposizione, anche i privati, recuperando le proprie abitazioni. Quindi è iniziata, seppur lenta, una fase di avvicinamento, agli antichi splendori del borgo di Cesano.
L’augurio è che l’amministrazione centrale e gli enti locali, quindi Comune, Provincia e Regione continuino a destinare fondi per il recupero del borgo di Cesano. Alcuni fondi sono in arrivo, è necessario però un grande intervento ed una mobilitazione trasversale delle forze politiche per il recupero di questo importante centro storico che è comunque un grande bene della comunità e soprattutto è un grande valore storico, artistico ed architettonico.
Prof. Luisa Gorlani, docente, psicologa e scrittrice: ”Dopo avere insegnato in tutta Italia e dopo essermi confrontata con le problematiche più gravi del Paese, dalla mafia, al contrabbando alla superstizione, mi sono convinta sempre più che la Scuola debba e possa porsi come strumento propulsivo, di lievitazione culturale, ma anche di crescita umana e quindi quando sono arrivata in questo piccolo borgo antico, proprio per motivare i miei alunni che erano prevalentemente figli di umile gente, per motivarli allo studio e alla cultura, guardandomi attorno mi sono accorta che in questo borgo c’erano delle permanenze archeologiche, dei cippi marmorei ecc. di cui nessuno sapeva niente e allora mi è venuta l’idea di fare una ricerca insiemi ai miei ragazzi a 360°, da tutti i punti di vista, naturalistico, storico, artistico, sociologico e spero con questo mio libro e con questo attuale documentario di aver contribuito alla rinascita e al risveglio di questo Borgo, nel cui microcosmo è passata la grande storia dagli Etruschi ai romani ai feudatarii medioevali, su su fino ai principi rinascimentali, fino ai nostri giorni. Quindi sarebbe davvero un peccato che un patrimonio storico artistico naturale così prezioso andasse perduto perché sono convinta che solo l’iniziativa umana sia alla base dell’evoluzione storca. Quindi mi auguro che tutti gli abitanti del borgo, prendendo coscienza del valore del loro borgo, possano, soprattutto i giovani, rimboccarsi le maniche e fiutare il vento capire ciò di cui il Borgo ha bisogno e contribuire tutti insieme alla rinascita di questo stupendo spaccato di storia.
Giancarlo Soccorsi, Presidente della Confraternita del SS. Crocefisso e S. Rosario di Cesano: (ndr: Le confraternite fin dal Medioevo sono state) le due attuali SS. Crocefisso e S. Rosario e c’era la Confraternita del SS. Sacramento e la Confraternita della Buona Morte. La Buona Morte provvedeva alla sepoltura dei defunti soprattutto nelle campagne, fuori dal paese, (ndr: insepolti). Le funzioni attuali (ndr: di questa confraternita del SS. Crocifisso e S. Rosario) sono quelle di organizzare e partecipare a tutte le manifestazioni religiose della Parrocchia, in particolare le due feste principali nostre che sono quelle del SS. Crocifisso, crocifisso dell’anno Mille, e quello della Madonna del Rosario che, prima veniva festeggiata anche questa, il 6 di ottobre. Adesso la processione viene fatta ancora il 6 ottobre però la festa viene effettuata giù a Scalo l’ultima domenica di maggio. (ndr: In prossimità della Pasqua vengono organizzate) alcune cose, per es. la Confraternita partecipa al Santo Sepolcro, un confratello e una consorella, a turno, fanno la veglia al Santo Sepolcro.
Lucia Perazzolo, maestra di yoga, Centro Yoga Ratnachandra, Cesano: La disciplina dello yoga trova dentro a queste antiche mura la sua massima espressione, il silenzio, i profumi, i ritmi naturali della vita fanno sì che il frastuono e le disarmonie della grande città rimangano al di fuori ed infatti gli allievi aumentano di anno in anno rendendo già molto significativa la domanda per un borgo poco conosciuto come quello di Cesano
Alberto Molinas, Direttore tecnico, Buongiorno Viaggi – PIT (Punto Informativo Turistico) della Provincia di Roma: Attualmente sono in corso delle iniziative di privati per lo sviluppo turistico di Cesano. Quindi tra le altre cose in internet tra poco si darà visibilità al nostro Borgo con il nuovo portale che si chiama cesanodiroma.com, che verrà affiancato dai vari siti che già esistono. Poi si svilupperanno nuove strutture adatte all’ospitalità dei turisti. Come per es. dei bed & breakfast e così i turisti potranno godere delle bellezze del posto e dei dintorni, senza neanche trascurare il fatto che potranno andare anche a Roma utilizzando i mezzi pubblici, il trasporto urbano insomma. E poi arriveranno anche altre iniziative quali un mercatino dell’artigianato, dei percorsi guidati del Borgo, pubblicazioni locali ed altre iniziative che vogliamo promuovere.

Il testo completo del documentario “Il Borgo storico di Cesano alle porte di Roma” è un’esclusiva di cesanodiroma.com per graziosa concessione dell’autrice, la Prof.ssa Luisa Gorlani, che ha insegnato nella Scuola Media Perriello di Cesano nell’anno scolastico 1988/89.

red. 23.09.2007

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