Furto di identità
Tra gli strumenti democratici che abbiamo a disposizione, la petizione è forse uno dei più semplici e immediati. Per sensibilizzare un Ente basta un (meglio se consistente) numero di firme raccolte.
Per esprimere il proprio dissenso al progetto di costruzione di un impianto di compostaggio aerobico, isola ecologica e parcheggio dei mezzi AMA in Via della Stazione di Cesano, nei pressi di Osteria Nuova, sono state raccolte 1.684 firme di residenti.
I comitati di quartiere, quelli per il NO e altri hanno sottoscritto un documento forti del numero di cittadini che hanno compilato i fogli utilizzati per la raccolta delle firme, inserendo il proprio nome e cognome, oltre al tipo e numero della carta di identità, il Municipio di residenza e la propria firma.
Tutta questa documentazione è diventata pubblica, essendo stata caricata dalla Regione Lazio in un apposito link.
Ora però sorge un problema, più acuto nell’era dei social network: potrebbe qualche malintenzionato utilizzare a proprio beneficio criminale tali dati? Pare proprio di sì.
È stato nel 2012 quando una tivù del Belgio ha fatto uno spot per avvertire la popolazione, che spesso incautamente fornisce i propri dati sensibili a fornitori, profili ecc. mettendoli a disposizione di chiunque. Quella reclame ha fatto aprire gli occhi a molti e qualcuno ha scelto di essere più prudente.
Nel caso della raccolta firme il problema sta nel fatto che, chi partecipa, finisce per mettere in mano a chi raccoglie una serie di dati che possono essere utilizzati anche per altri scopi; per esempio: possono completare altre documentazioni per altre richieste, possono essere utilizzati per scopi non espressamente dichiarati, possono servire a cercare di capire la filiazione politica, un po’ come i like nei post altrui. Tutti scopi più o meno innocui in questo mondo che i nostri dati finiscono per essere conosciuti da porci e cani. Ma…
Ma se a metterli a portata di chiunque è la Regione Lazio, be’ la cosa ci lascia alquanto perplessi, non riuscendo a capire che bisogno ci fosse di caricare in chiaro dei documenti che al pubblico non interessano, sarebbe bastato un omissis o un accorgimento che rendesse illeggibili i dati. Invece?
Invece, se uno si vuol divertire a sbirciare tra i 128 fogli del documento, leggere qualche nome e cognome, poi cercare nei social network, per avere in pochi minuti tutti i seguenti dati o parte di essi, si può:
– nome
– cognome
– numero della carta di identità
– luogo di emissione (presunto dal Municipio di residenza)
– luogo di nascita
– data di nascita
– numero di cellulare
e, con essi, si possono attivare delle truffe, anche aprendo un conto online.
Ecco perché, servire il furto di identità in un piatto d’argento a potenziali truffatori, anche internazionali, è veramente un errore. Gli interessati farebbero bene a correre ai ripari, chiedendo la cancellazione di tali dati, sebbene sono mesi ormai che il documento è scaricabile da chiunque.
red. 08.01.2019
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