Esiste un futuro per il dialetto di Roma?
Il romanesco infatti dovrà faticare molto prima di vedersi riconosciuto lo statuto di vera e propria lingua; si pensi ad esempio alla condanna che ne fece Dante nella sua opera “De Vulgari Eloquentia” in cui esso viene qualificato come “tristiloquio… il più turpe di tutti i volgari italici”.
A parte i giudizi (alcuni dei quali non pienamente condivisibili) di coloro che se ne sono occupati, tra cui molti personaggi illustri della nostra letteratura , ciò che mi interessa qui sottolineare è che il romanesco è stato in passato lingua della comunicazione quotidiana della capitale, ma oggi forse non più. Che il dialetto di Roma sia in via di estinzione? è possibile; già da qualche anno infatti molti linguisti hanno dimostrato come il romanesco puro , di antica tradizione, sia prerogativa dei parlanti più anziani nati, cresciuti e vissuti da sempre a Roma e perciò profondi conoscitori della parlata della loro città.
Se analizziamo invece le abitudini linguistiche del resto dei parlanti, soprattutto i più giovani, scopriamo che nella maggior parte dei casi esse corrispondono a quella che possiamo definire “varietà romana di italiano”, un italiano, cioè, caratterizzato da pochi tratti dialettali. Dobbiamo allora pensare veramente che il dialetto di Roma stia scomparendo? e se davvero è così quali sono le cause? Dobbiamo semplicemente riflettere sulla profonda diversità delle situazioni di istruzione che gli anziani e le successive generazioni hanno conosciuto. Infatti cinquanta, sessanta anni fa la società era molto diversa da quella odierna, l’istruzione obbligatoria era limitata, più forte era la necessità di lavorare per avere da che vivere e comunque non tutti potevano permettersi il lusso di studiare; di conseguenza il livello culturale e la conoscenza della lingua italiana da parte delle persone era di molto inferiore rispetto ad oggi.
Con il mutare della società e la crescita del livello di istruzione e alfabetizzazione (dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, specie negli anni del “miracolo economico”) si è cominciato a parlare italiano abbandonando la parlata spontanea, cioè il dialetto, il quale nei vari passaggi generazionali si è fortemente indebolito perdendo molti dei suoi elementi distintivi. Insomma, il romanesco sembra oramai agonizzante tanto da lasciare il posto ad un italiano misto a pochi tratti dialettali; Una situazione di questo tipo presenta chiaramente dei pro e dei contro: da una parte è un bene per l’italiano, lingua ufficiale del nostro paese , che risulta sempre più utilizzata dalla popolazione rispetto alle parlate dialettali; dall’altro è un male per il dialetto stesso che è rappresentazione della vita, del costume, dei sentimenti,dell’anima del popolo di Roma e che,in quanto tale, andrebbe tutelato, preservato e donato come un lascito prezioso alle generazioni future con la speranza che non vadano perdute le radici culturali e l’identità di ognuno di noi.
© Luca Marinelli
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